Commissioni e gruppi di lavoro

Le Commissioni sono tra gli organi più importanti della Fondazione perché sono idealmente i campi in cui germogliano i fiori della partecipazione e dell’inclusione; lì dove le idee possono diventare progetti e sperimentazioni creative; lì dove la diversità viene elevata a patrimonio comune plurale che descrive l’identità dell’organizzazione. Nella loro autonomia e indipendenza, tutte le commissioni sono chiamate a confrontarsi e a frequentare l’interdipendenza nella consapevolezza che dall’ibridazione possa emergere l’innovazione sociale, culturale, ambientale ed economica di cui ha bisogno il nostro territorio. In questa area saranno raccolte e sintetizzate le principali informazioni sui singoli gruppi di lavoro.

Commissione Welfare Generativo

“Aiutàti ad aiutare, aiùtati ad aiutare!”

La Fondazione Synapsis, con l’obiettivo di promuovere la parità di genere e la cura delle diseguaglianze sociali, nell’analisi degli scopi coinvolgerà le istituzioni, le imprese, le associazioni e il terzo settore. I progetti saranno rivolti ai bambini, le donne e le famiglie, gli individui più fragili.

Nell’intento di perseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile, fissati dall’AGENDA 2030 delle Nazioni Unite, la Fondazione prevede nell’area 1 “Inclusione e accoglienza” di operare azioni e interventi riguardo il contrasto alla povertà, il diritto alla salute e alla giusta istruzione, la riduzione delle diseguaglianze di genere e le discriminazioni cross culturali.

Non ci vogliono però solo buone e lodevoli intenzioni, è necessario che le intenzioni producano azioni di recupero e valorizzazione di valori che sono costituzionalmente riconosciuti, al di là del mero rendimento economico.

Il principio della sussidiarietà, sancito dalla Costituzione nell’art.118, da attuare ad ogni livello, si trova in accordo con il valore dell’uguaglianza che riconosce appunto uguali tutti i cittadini di una comunità e pone uno sguardo attento e privilegiato verso gli individui più fragili, che saranno visti non come un problema, ma vissuti come una risorsa. Solo così si può pensare di sviluppare quel valore della responsabilità in tutti i cittadini per il conseguimento della realizzazione e cura del bene comune.

E’necessario cambiare la logica del welfare attuale che raccoglie e redistribuisce e puntare a sviluppare un welfare che, oltre a raccogliere e redistribuire le risorse, le possa rigenerare e responsabilizzare i cittadini verso un nuovo modo di intendere e vivere i diritti, che diventano doveri quando si tratta di volgere ad altri l’aiuto ricevuto.

Quindi si deve pensare ad avere cura attraverso la prassi della personalizzazione dell’aiuto (infatti la personalizzazione serve per orientare le scelte, a partire dal problema e dalla soluzione condivisa per poter ampliare l’arco dell’efficacia possibile) e , nell’aver cura, è necessario coinvolgere attivamente gli individui oggetto dell’aiuto, per concorrere insieme al risultato e creare quindi quella cittadinanza attiva che veda gli interessati passare da fruitori passivi ad attori della buona pratica.

L’atteggiamento di ascolto, necessario per aver cura, mette a fuoco il significato dell’incontro con l’altro, che ricorda costantemente “non puoi aiutarmi senza di me”. In altre parole, significa che gli esiti dipendono da quello che facciamo con le persone grazie a un concorso al risultato che nasce da condivisioni di responsabilità. Solo così si può pensare di rendere un diritto individuale un dovere di solidarietà, cioè in tre parole “aiutàti ad aiutare”, attraverso quel processo di responsabilizzazione che vede l’individuo in primis coinvolto nella trasformazione (“aiùtati ad aiutare”).

Nella natura del Welfare Generativo, che la Fondazione intende adottare come modello di welfare innovativo e di valorizzazione della persona, si ritrova la lotta alla povertà (di qualsiasi natura essa sia) non a prescindere dalle persone, ma con le persone stesse. Sono tante le diseguaglianze sociali a cui tutti gli individui devono rispondere, la crisi socio economica che la pandemia ha enfatizzato in termini di numeri e risorse non ci rende esenti dall’interrogarci sul nostro personale ruolo, non si può pensare di  essere fruitori di diritti senza essere latori di doveri: tutto ciò che è vissuto come costo, attraverso il Welfare Generativo deve diventare un rendimento, la pratica assistenzialistica deve trasformarsi in capacità di valorizzare le capacità individuali che diano atto a processi generativi di risorse e nuove capacità. E’ questo il tempo di responsabilizzare gli individui e farli quindi diventare cittadini in grado di rigenerare una società con più solidarietà; nella lotta alle diseguaglianze sociali si deve trovare linfa per dare dignità ai poveri, agli emarginati, agli ultimi della società.

Potremmo dire, per sintetizzare, che è ”dando che si riceve”, ovvero che si tutela il diritto di chi riceve una prestazione sociale aiutandolo a realizzare un’attività  a beneficio di altri.